Apologia dei centri storici italiani

Ci sono notizie che mi rincuorano e mi mettono sempre di ottimo umore. Ed è quello che mi è successo dopo aver letto questo articolo e poi la prima indagine conoscitiva sui centri storici dei 109 Capoluoghi di Provincia italiani realizzata da ANCSA (Associazione Nazionale Centri Storico-Artistici)  con la collaborazione del CRESME.

Lo studio è stato presentato il 14 dicembre scorso, dando pure l’occasione per la firma di un Protocollo d’intesa fra MIBACT (Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo) e ANCSA, per favorire un’azione sinergica al rilancio dei centri storici.

Studiare, analizzare, agire.

Agor@ Magazine ha pubblicato un articolo che riassume il contenuto dell’indagine.
Cosa ci dice la prima indagine in 30 anni sui centri storici italiani ed anche il perché di questo studio:
ANCSA ha realizzato questa indagine come primo significativo passo per la costituzione di un Osservatorio sui centri storici italiani dal quale trarre dati e informazioni quantitative e oggettive per meglio calibrare la proposta di nuove politiche urbane. “Da oltre 30 anni non si svolgono ricerche sulla situazione complessiva dei centri storici italiani – ha sottolineato il presidente di ANCSA, Francesco Bandarin – Questa dimenticanza è davvero preoccupante se si pensa alla importanza che essi hanno per l’economia e per l’immagine del Paese”.

Durante la presentazione, il ministro Dario Franceschini ha dichiarato  che “mantenere vivi i centri storici, continuando a renderli attrattivi ed evitando che si trasformino in Disneyland o si spopolino; governare la crescita dei flussi turistici e regolamentarli, sono i problemi che ora si devono affrontare”.

Sono assolutamente d’accordo.

Valorizzare i centri storici significa ridare vita ai vicoli, alla piazza principale e alle piazzette sparse qua e là, significa rivedere nuova luce “viva” negli occhi degli anziani residenti.
Significa ri-accogliersi, ri-avvicinarsi , ri-unirsi, ri-trovarsi tutti la domenica mattina nella piazza davanti alla chiesa per poi andarsi a prendere il caffè o l’aperitivo al bar di fronte o all’angolo.

Il raccogliersi nelle piazze sta scomparendo, sembra che lo spazio si sia dileguato per i parcheggi che, seppure pochi e piccoli, hanno preso il posto alle panchine, poi la viabilità; già queste due componenti hanno cambiato l’architettura delle piazze delle città e le persone hanno perso l’abitudine di raggrupparsi a chiacchierare all’aperto nei giorni di festa.

Siamo sempre di fretta.

Non so se sia a causa di questo cambiamento architettonico, ma le persone non hanno più quella opportunità di incontro e relazione nella comunità dove vivono.
Certamente la gente si incontra in altri posti al chiuso, ma non è la stessa cosa, si formano piccoli gruppi seduti a tavolini che non legano fra loro e probabilmente non vedono neanche chi passa dietro le loro schiene.

Nelle piazze succede diversamente, visto che le persone si trovano in uno spazio più ampio, la maggior parte delle volte sono in piedi, parlano e osservano intorno, vedono chi passa, si salutano tutti, anche chi non si conosce, viene del tutto naturale fare nuove amicizie perché incontrandosi sovente, esse familiarizzano e notano quando arriva un volto sconosciuto che subito porterà curiosità ma dopo qualche tempo sarà anch’esso familiare.

I centri storici avevano tutti quest’anima collettiva, certamente vi erano persone che si detestavano ma tutti lo sapevano ed era in un certo senso fisiologico.

Nei centri storici, i bottegai erano un po’ come i farmacisti o i medici: quando qualcuno stava male erano pronti con i loro consigli e si offrivano aiutando, ognuno nel suo genere, con erbe, frutta, carne o altro per fare in modo che il compaesano si rimettesse in sesto in breve tempo.
Ora non so se i prodotti aiutassero veramente a riportare in salute o se invece era il loro interessamento benevolo ad aiutare moralmente l’ammalato, ma so che l’ammalato si rimetteva in forma in breve tempo.

Il nostro albero della cuccagna.

I centri storici hanno un fascino, hanno un’aura romantica, custodiscono le nostre radici, le nostre storie, i vissuti dei nostri avi. Essi sono le nostre sorgenti e non possiamo permetterci di sradicare le nostre radici e neanche di far prosciugare le nostre sorgenti perché questo sradicamento e questo prosciugamento porterebbero alla nostra morte interiore, perderemmo tutto il percorso dell’albero genealogico che se invece lo alimentiamo diventa il nostro albero della cuccagna.

Sono sicura anzi più che sicura della riuscita dei progetti di tutela e rilancio dei centri storici. C’è fermento di cambiamento, c’è voglia di fare, c’è volontà di (ri)vedere e di vivere in una Italia ridente, prospera, ricca.
C’è voglia di (ri)amare questa nostra meravigliosa Nazione, al primo posto nella classifica dei paesi più culturalmente influenti nel mondo.

Grazie a tutte le persone che si impegnano a rimettere in vita i nostri centri storici, la nostra storia.

Clara


Immagine in evidenza via agcult.it

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