Legge sui Piccoli Comuni. E ora rimbocchiamoci le maniche

Il 17 novembre 2017 entra in vigore la legge 6 ottobre 2017, n. 158, per il  sostegno  e  la  valorizzazione  dei  piccoli  comuni e per la riqualificazione e il recupero dei loro centri storici. (Qui il testo completo).

Il testo è nato da una proposta di legge di Ermete Realacci, attuale presidente della Commissione Ambiente della Camera.

Per presentarla, riportiamo il suo stesso commento.

La legge sui piccoli comuni è un’idea di Paese che fa delle comunità e della bellezza la chiave del futuro: una crescita che punta sulla coesione, coniugando storia, cultura e  saperi tradizionali con le nuove  tecnologie, la green economy.

(…) Nei nostri 5.567 borghi vivono oltre 10 milioni di persone e almeno altrettante ne provengono o li frequentano, mantenendo con essi relazioni affettive.
Non vanno considerati un peso per il nostro Paese ma una straordinaria occasione per difendere la nostra identità e affrontare il futuro a partire dai nostri talenti. Le misure previste nella legge non servono solo a conservare, ma a lanciare una sfida per nuove forme di economia, puntando sulla banda larga, sul riuso del patrimonio urbanistico dismesso, su innovazione e qualità, tutti fattori che rendono più competitivo il tessuto produttivo.

(…) E’ qui che si producono il 93% delle nostre Dop e Igp, il 79% dei nostri vini più pregiati, ma anche tanta parte di quel made in Italy apprezzato dappertutto. Si può competere in un mondo globalizzato se si mantengono solide radici: si risponde alla crisi producendo qualità e bellezza, rafforzando, allo stesso tempo, quel senso di identità che aiuta ad essere protagonisti.

La legge interviene sulla tutela dell’ambiente e dei beni culturali, la riqualificazione dei centri storici, aiuta a contrastare la rarefazione di servizi essenziali come scuole, presidi sanitari, uffici postali. Viene data priorità alla manutenzione del territorio, all’efficientamento energetico del patrimonio edilizio pubblico. Si promuovono le produzioni agroalimentari a filiera corta e le infrastrutture tecnologiche.

I Piccoli comuni potranno acquisire, con procedure semplificate, case cantoniere e tratti di ferrovie dismesse per attività di protezione civile, volontariato, mobilità dolce e turismo sostenibile. Per le risorse economiche ci sono 100 milioni di euro da destinare, nei prossimi anni, a quelli in maggiore difficoltà.

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Un’immagine di Moncenisio, il comune più piccolo d’Italia (con i suoi 30 abitanti, dati Istat all’1 gennaio 2017)

Il commento di Clara

Trovo questa legge molto interessante, e ne condivido in pieno il suo spirito. Ora non resta che tirarsi su le maniche ed aprire la mente a nuove strategie commerciali e artigianali.

I centri storici offrono una infinita varietà di cantine ormai in disuso che possono essere recuperate, ad esempio, per ospitarvi delle accoglientissime boutique.

E cosa dire della possibilità di usufruire delle strutture delle stazioni ferroviarie disabilitate e delle case cantoniere? Ci vedo benissimo la sede di scuole dei mestieri, di atelier della creatività, dove si impara come riciclare vecchi oggetti o costruire con materiali di recupero.

Questa legge, poi, dà linfa vitale per aprire o rilanciare B&B, agriturismi, trattorie e bar, negozi di artigianato e spazi culturali… Insomma, c’è molto da fare.

Il momento è propizio e l’occasione è buona per chi ha voglia di lanciarsi nella sua indipendenza e nella sua passione.

Ricordiamoci che a far vivere o rivivere un luogo, una strada, un quartiere, un centro storico, sono le persone, che si incontrano, nelle diverse dimensioni del vivere urbano.

Secondo l’Istat, un Centro abitato è un “aggregato di case contigue o vicine con interposte strade, piazze e simili, o comunque brevi soluzioni di continuità per la cui determinazione si assume un valore variabile intorno ai 70 metri, caratterizzato dall’esistenza di servizi od esercizi pubblici (scuola, ufficio pubblico, farmacia, negozio o simili) costituenti la condizione di una forma autonoma di vita sociale, e generalmente determinanti un luogo di raccolta ove sono soliti concorrere anche gli abitanti dei luoghi vicini per ragioni di culto, istruzione, affari, approvvigionamento e simili, in modo da manifestare l’esistenza di una forma di vita sociale coordinata dal centro stesso“.

Una definizione che riconosce la funzione dei negozi come fattore di attrattiva e di socialità.

La piazza rappresenta il luogo urbano per eccellenza, quello delle interazioni sociali, dove si riuniscono le funzioni pubbliche più importanti: quelle civiche e religiose, oltre a quelle commerciali.

Come ben scrive Zedef:
La piazza è un luogo di ritrovo, un luogo di discussione, talvolta anche di accesa polemica essendo infatti il centro della vita politica e commerciale, sin dai tempi dell’agorà greca o del foro romano. Rappresenta quindi un’oasi di pace nel bel mezzo del caos cittadino, è il luogo in cui grazie alla cultura e alla storia, ai simboli e alle tradizioni è possibile osservare l’idea di sicurezza e felicità che una città deve saper offrire ai suoi abitanti. (…) la piazza è lo specchio di una città, il simbolo di ciò a cui si tiene di più, di ciò che sono stati – e sono – i suoi cittadini.

Far rivivere le piazze

La piazza è sempre stata il punto di ritrovo al rientro dopo una giornata di lavoro, alla domenica prima e dopo la messa, con gli anziani che si facevano compagnia.

Queste abitudini mantenevano gli abitanti e soprattutto i vecchi del paese informati di cosa succedeva nella loro comunità. Difficilmente gli anziani avevano bisogno di badanti, anzi erano loro a tenere e ad insegnare ai loro nipoti le esperienze di vita vissuta, erano loro che nel periodo delle vacanze accudivano i nostri figli, erano loro che fino all’ultimo respiro aiutavano il parroco, il dottore, i vicini quando stavano male. Senza avere fatto tante formazioni, svolgevano volontariato in modo naturale e genuino, senza sentirsi né più né meno importanti degli altri.

La statistica ci dice che nel 2017 in Italia vivono oltre 13 milioni e 500 mila ultra sessantacinquenni.

Potremmo coinvolgere anche loro, quelli che lo desiderano e quelli che sono in buone condizioni di salute, nelle diverse iniziative e attività che si avvieranno e si svilupperanno nei Piccoli Comuni. Così rivivono non solo i centri urbani, ma anche i loro anziani riprendono il sorriso e lo sguardo di nuovo vispo, recuperando il loro antico ruolo di saggi o forse anche brontoloni ma vivaci.

Dunque, rimbocchiamoci le maniche, con forza coraggio volontà e costanza. La prosperità è a disposizione.

Buon operare,

Clara

 


Per approfondire

Elaborazione Ancitel su dati Istat (01/01/2017)

La sezione del sito dell’Anci dedicata ai Piccoli Comuni

La campagna promossa da Legambiente

 

 

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