Nel post di ieri, ci siamo lasciati con la mia promessa di raccontarti cosa mi è successo venti anni fa, e come sia possibile andare armoniosamente ed eticamente controcorrente, ed avere successo.

Ecco qua.
All’epoca vivevo nelle Fiandre (vi ho abitato per dieci anni) e per diventare istruttrice del Metodo Silva dovevo seguire 12 corsi con altrettanti professori.
Quella volta mi aspettava Torino. Presi l’aereo, e arrivata in città il giorno precedente al corso feci un giro nel quartiere e vidi un negozio che aveva vestiti molto particolari a prezzi abbastanza accessibili.
Entrai subito. La titolare era simpaticissima e subito nacque un feeling, un filo che poi io chiamai il filo rivelatore (capirai a mano a mano che leggi).
Comprai dei vestiti, feci il mio corso e ritornai nelle Fiandre.
Te lo immagini? I miei vestiti piacquero alle mie amiche, e così telefonai alla tipa del negozio (trovai il numero sulla ricevuta) chiedendole se fosse stato possibile acquistare via internet. La risposta fu negativa, quindi non sapevo cosa fare.
Lei voleva vendere, io volevo comprare ma non c’era il modo per effettuare il pagamento…
Mi venne un’idea.
Le inviai la mia carta di credito per posta. Quando lei la ricevette le prese un colpo. Mi telefonò dicendomi: “Ma sei pazza, mi hai inviato la tua carta di credito, mi sento responsabile. Ma lo sai che potevo essere una ladra? E tu ti fidi così di me!”.
Mi misi a ridere. Ero completamente sicura che tutto sarebbe andato bene, e infatti lei spedì la merce e la carta di credito.
Tutto finì in allegria.
Lezione da imparare:
quando non metti le tue paure le cosa vanno come tu vuoi.
Qualche mese dopo dovetti ritornare a Torino per fare l’esame, e ne approfittai subito per andare a trovare la mia “ormai amica” pensando già alle nuove collezioni.
Arrivata sul posto vidi che vendeva scarpe… Era rimasto solo qualche vestito appeso ma a campeggiare erano le scarpe, a forma fra il mocassino e la punta arrotondata. In un momento in cui la moda pullulava di scarpe a punta!
Delusa, anzi… sigh! delusissima, le chiesi “ma non vendi più vestiti?” e lei rispose “No, mi ero stufata. Ho deciso di vendere scarpe”.
Guardai le scarpe ancora una volta e poi dissi: “Ma le scarpe sono tutte con la punta arrotondata, ora va di moda la scarpa a punta“.
Ed ecco il filo rivelatore.
La sua risposta fu veramente di grande apertura mentale e proprio sul tema di cui mi aspettava l’esame in quei giorni torinesi: “Sai Clara, ho pensato che Torino ha quattro milioni di abitanti, e fra questi ci sarà sicuramente chi come me non ama quelle scarpe orribili a punta. Ebbene, voglio dare loro l’opportunità di acquistare ancora queste belle scarpe comode!“.
Scommetto che hai indovinato! Il negozio era pieno di donne che come me (d’altronde pure io non amo le punte) acquistavano quelle belle scarpe comode.
Se Torino aveva quattro milioni di abitanti e lei fece già all’epoca la sua riflessione creativa, cosa potremmo pensare oggi con sette miliardi e mezzo di persone?
Quale prodotto in estinzione o già estinto, estromesso dal mercato in nome della dea moda, potrebbe ancora piacere e riportare alla memoria momenti indimenticabili?
Nota bene: questo vale non solo per l’abbigliamento, ma per tutti i generi merceologici.
C’è da meditare e creare nuove sinapsi.
Buon lavoro mentale,
Clara
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