Oggi parliamo dell’abusivismo commerciale.
Stando ai dati dell’Ufficio Studi della Fipe-Federazione Italiana Pubblici Esercizi (pubblicati lo scorso giugno), il fenomeno vede il suo culmine nelle sagre “fasulle” che punteggiano le varie località turistiche e non durante la stagione estiva: ben 27.300 per un fatturato complessivo di 558.909.000 euro. Il quadro delle realtà che di fatto esercitano attività di ristorazione a tutti gli effetti senza sottostare ai dovuti vincoli di legge è molto più complesso e tocca i ristoranti in falsi agriturismi, circoli culturali e sportivo-ricreativi che secondo le più recenti stime fatturano nel complesso 5,2 miliardi di euro, una cifra pari a 1,8 miliardi di euro di PIL.
A detta di Lino Enrico Stoppani, presidente di Fipe, tutto questo corrisponde ad una perdita di imposte dirette e contributi pari a 710 milioni di euro.
Per una lettura completa della nota di Fipe, rimando a questa pagina, dove si possono trovare i dati nel dettaglio.
Sono numeri enormi, non trovi?
D’accordo, la Costituzione riconosce la libertà di impresa, ma anche per gli operatori del settore commerciale occorre agire con etica e onestà. E seppure la concorrenza sia un bene per la vita economica e sociale, non lo è altrettanto una concorrenza che si avvantaggia di sgravi fiscali esercitando l’attività di ristorazione in forma abusiva al di fuori della legge.
Ecco alcuni concetti di base sull’impresa nella Costituzione italiana, commentati da Rosanna Marchegiani.
La nostra Costituzione, all’art. 41 comma 1, recita: “La Costituzione della Repubblica italiana riconosce la libertà dell’iniziativa economica privata”.
Dunque, la Costituzione italiana riconosce il diritto di ogni cittadino ad intraprendere un’attività economica, in parole povere riconosce il diritto di diventare imprenditore.
La figura dell’imprenditore è disciplinata nel Codice civile all’art. 2082. Imprenditore è colui che “esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi”.
Il Codice civile definisce la figura dell’imprenditore e non quella dell’impresa, ponendo in primo piano la persona che esercita l’impresa e non l’organizzazione.
La libertà economica riconosciuta dalla Costituzione, si differenzia dalle altre libertà fondamentali anch’esse previste dalla Costituzione, in quanto tale libertà non può essere esercitata tenendo conto dei soli interessi dell’imprenditore, ma deve tenere conto anche degli interessi di quei soggetti su cui si possono riflettere le scelte aziendali.
Si pensi, a questo proposito, soprattutto alle imprese di grandi dimensioni che possono, con la loro condotta, influenzare la vita di molti cittadini: lavoratori, finanziatori, fornitori, clienti, consumatori, ecc..
Per questa ragione, sempre nella Costituzione, si legge all’art. 41 commi 2 e 3, che l’attività dell’imprenditore “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata ai fini sociali“.
Chiaro, no?
Chi esercita attività di ristorazione senza sottostare ai dovuti vincoli di legge, contribuisce a creare una perdita di imposte dirette e contributi pari a 710 milioni di euro.
Secondo te, questo non è in contrasto con l’utilità sociale e non reca danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana?
Secondo me sì, anche se indirettamente. Denaro che non entra nelle casse dello Stato e che quindi non potrà essere speso per la collettività.
Oggi più di ieri esistono decine e decine di corsi che preparano a diventare imprenditori. Spesso, sono corsi impostati sul concetto “creare una macchina che sforna soldi a getto continuo“, alla portata di tutti gli aspiranti, senza considerare invece gli aspetti relativi alle qualità personali.
I soldi sono una conseguenza di un agire etico, corretto ed utile agli altri.
Vedrei con favore una scuola che insegna a diventare onesti nel più profondo dell’essere, con giochi manageriali di equipe che permettono di vedere quali sono le persone qualificate e quali no per svolgere attività imprenditoriali.
Oggi esistono numerosi metodi per comprendere le persone: se mentono, se sono oneste oppure se se la raccontano.
Siamo nel 2017, il 2020 è alle porte, e i vecchi metodi formativi vanno superati e aggiornati.

Altra cosa, non secondaria, anzi, è dare l’esempio. Fino a quando avremo scandali al governo o nelle amministrazioni, avremo cittadini che imparano quello.
Oltre duemila anni fa, qualcuno diceva “chi di spada ferisce di spada perisce“. Riecco la testa del pesce. La domanda è:
Chi amministra che tipo di imprenditori vuole?
A seconda della scelta, saranno gli amministratori a dare in primis l’esempio.
Buona giornata,
Clara
Immagine in evidenza: Vignetta di Alberto Rinaudo via scattidigusto.it
Nel caso ti fosse sfuggito, nella pagina Facebook di MCHFAF, c’è un post dedicato all’iniziativa promossa da #Confcommercio nell’ambito di “Legalità, mi piace”, la Giornata di mobilitazione nazionale dedicata a sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della legalità.
Lo trovi qui
Se non sei un addetto ai lavori, ti invito a passare parola ai commercianti della tua città, informandoli che hanno tempo fino al 31 ottobre per compilare il questionario online sul tema della #legalità.