Su youtube se ne trovano a bizzeffe, di video dedicati al tema “negozi chiusi”. Ne ho scelti uno, direi a caso, e guardarlo mi ha suscitato dei ricordi e delle riflessioni che sto per condividere con te in questo post.
Ecco qua.
Da bambina leggevo le storie di “Paperon de Paperoni”, e in un episodio il papero più ricco del mondo decise di creare una città di vacanza al mare. Subito si misero in moto scavatori, si vedevano crescere gli immobili con negozi, ristoranti, bar, alberghi e tutti i servizi necessari per accontentare la clientela che era pronta a venire pilotata in quel luogo di vacanza.
Quello che allora mi aveva scioccato e di cui non ho mai avuto una risposta, fu la sorpresa nel vedere una marea di persone che correva verso quella stazione turistica.
La domanda che mi posi fu: “Cosa smuoveva zio Paperone nella mente delle persone, per dirigerle dove voleva lui?”.
Il racconto continuava facendo vedere che quel luogo di vacanza non soddisfaceva più i desideri di Paperone, che ri-pilotò la ciurma (scusa ma mi viene di chiamarla così) in un altro luogo che era la montagna… Basta col mare, ora tutti amavano la montagna.
Sempre nella mia testolina di bambina mi domandavo come mai prima amavano tutti il mare e poi tutti amavano la montagna, cosa era successo? Cosa era scaturito nella mente delle persone e soprattutto come aveva fatto Paperon de Paperoni a manovrare il flusso delle persone?

Nel video si vedono e si ascoltano gli stessi scenari che a distanza di quaranta anni si manifestano. Allora mi domando: chi è oggi Paperon de Paperoni? E dove ci vuole convogliare?
Sono fermamente convinta che ogni problema ha molte soluzioni anche se a volte sembrano impossibili.
Ti racconto cosa mi successe circa 25 anni fa…
In quel periodo la mia famiglia aveva uno stabilimento balneare con tutti i servizi di bar ristorante, spiaggia e via villeggiando. Era abbastanza rinomato, i nostri clienti erano persone di una certa cultura e molti erano imprenditori.
C’era un cliente particolare che ogni mattina quando arrivava mi chiedeva il caffè e mi poneva un problema che lui chiamava problemino del giorno. Mi dava tempo fino alle 12 ed io dovevo risolverlo fra un caffè e un cappuccino e la preparazione delle verdure per il ristorante.
Lui, evidentemente, si divertiva a vedere quanto la mia intelligenza fosse sviluppata o non so per quale altra ragione. Una mattina mentre servivo le colazioni lui bello bello se ne arriva ponendomi il suo solito problemino quotidiano; un po’ seccata ascoltai il problemino, lo misi in una parte della mia testa e quando avevo un minuto di intervallo ci pensavo, poi lasciavo andare perché il lavoro mi riprendeva l’attenzione. Verso le 11 arrivò l’ispirazione; feci come una mappa con i numeri che lui mi aveva dato e trovai una soluzione. Preciso che non sapevo affatto se fosse quella giusta ma nella mia testa lo era.
Puntualmente alle 12 il cliente arrivò e mi chiese la soluzione. Gli dissi quello che avevo trovato e lui rimase un momento sbalordito, poi mi chiese se nei miei studi avessi fatto trigonometria. Io dissi di no e lui ribatté: “Allora non è possibile che tu abbia trovato la risposta, dimmi come hai fatto!“. Così recuperai il pezzettino di foglio che avevo già buttato nel cestino dei rifiuti, lo scartocciai e glielo feci vedere spiegandogli il mio procedimento…
Rimase sorpreso di scoprire un altro modo di vedere le cose e di trovare soluzioni.
Ne parlò subito al suo amico il quale aveva un figlio universitario molto intelligente ma che non era riuscito a trovare la soluzione. Poco dopo arrivò la mamma del ragazzo per chiedermi come avevo fatto e perché suo figlio non fosse riuscito, e nel giro di mezz’ora tutti i clienti vennero a conoscenza della mia capacità di risolvere problemi. Io vedevo quel povero ragazzo, figlio di una persona molto nota, avvilito e sminuito. Mi sono scusata con lui e non ho più voluto risolvere problemini.
Questa esperienza mi ha insegnato che a tutto c’è una via d’uscita, basta avere fiducia in se stessi, formare una coalizione di persone che vogliono veramente creare-fare-investire nel sociale. Perché volenti o nolenti, un negozio fa parte della società e quindi del sociale.
Siamo tutti uno e come si è sempre sentito dire l’unione fa la forza. Ma quanta forza di unione abbiamo tra noi?
Quando si vuole veramente ottenere qualche cosa, la si ottiene, perché si smuovono delle dinamiche le quali portano a quello che noi vogliamo.
L’importante è volerlo!
Grazie per la condivisione,
Clara